Ing. Mario Gallo

Consulenza Brevetti - Studio Brevetti e Marchi

Iscritto all'ordine dei consulenti in proprieta' industriale (861bm)

Invenzioni e schemi a blocchi o rappresentazioni simili

(Una utile e vantaggiosa associazione durante l’esame di una domanda di brevetto)
Fare emergere e definire nel modo più chiaro e efficace possibile, spesso rischiando anche di essere giudicati noiosi e pedanti dagli inventori, gli esatti contorni e le caratteristiche rilevanti di un’invenzione che si vuole proteggere, sia durante la fase di preparazione e stesura, prima del deposito, della relativa domanda di brevetto, e sia durante la fase dell’eventuale esame di essa, dopo il deposito (ovviamente sarebbe meglio prima che dopo, ma questo purtroppo non è sempre possibile: a tutti noi sarà capitato, durante l’esame di una domanda di brevetto, di confrontarsi con una prior art imprevista e non considerata prima, così da dovere cambiare drasticamente linea e pertanto puntare a brevettare un’invenzione alla quale non si pensava affatto e non si era dato una particolare importanza nel preparare la domanda di brevetto), costituisce in un certo senso uno dei vari “doveri” ai quali siamo tenuti nella nostra professione.
Naturalmente, come tutti noi sappiamo, gli “strumenti di lavoro” usabili in queste fasi e per i suddetti scopi sono alquanto delicati, difficilmente classificabili e definibili in modo preciso ed univoco, ed inoltre quasi sempre legati in qualche misura alla personale esperienza professionale di ognuno di noi, e forse anche alla propria attitudine e cultura.
D’altra parte, pensare che vi possano essere degli strumenti e delle forme di ragionamento codificate e prefissate, usabili per stabilire e dedurre razionalmente e con assoluta certezza la presenza di un’effettiva invenzione, vale a dire la sussistenza dei rispettivi requisiti di novità e livello inventivo, mal si combinerebbe con e comunque non rifletterebbe mai completamente il fatto che un’invenzione è di per sé stessa un evento “irrazionale”, e quindi tale da sfuggire ad ogni previsione e sistematizzazione puramente logica.
E’ pur vero che l’Ufficio Europeo dei Brevetti ha elaborato delle linee guida, basate sul cosiddetto “Problem to Solution Approach”, o PSA, da seguire preferibilmente, nella prassi, per valutare in modo oggettivo un’invenzione, ovvero la presenza o meno in essa dei requisiti di novità e livello inventivo.
Comunque, anche il PSA è da considerare né più né meno che uno schema generale, a cui occorre dare un contenuto, e i modi e gli strumenti per arrivare a dare questo contenuto a loro volta possono essere diversi, pur tutti validi, ognuno con le proprie specificità e vantaggi.
Ebbene, fatta questa noiosa premessa, per la quale mi scuso, volevo esporre alcuni casi in cui una schematizzazione a blocchi, o una rappresentazione schematica similare, avente chiaramente un “imprinting” derivato dalla meccanica o almeno da una disciplina tecnica che consente un frazionamento delle rispettive parti e funzioni, può costituire, almeno a mio modesto parere, un utile e efficace strumento, anche se ovviamente non l’unico e da considerare sempre in alternativa ad altri, per far emergere e risaltare con chiarezza le caratteristiche di un’invenzione in rapporto con la tecnica nota, e quindi difenderla durante la fase di esame sostanziale, a cui dovesse essere sottoposta, nel miglior modo ed efficace possibile.
In altre parole, una schematizzazione a blocchi o una rappresentazione simile di un’invenzione in esame, ovvero una rappresentazione ridotta e limitata ai rispettivi elementi essenziali, può risultare un elemento decisivo ed immediatamente convincente per far emergere e indicare con chiarezza le caratteristiche dell’invenzione in confronto con la tecnica nota, e quindi difenderne con successo la novità ed il livello inventivo.
Passo ora, sperando di fare una cosa utile, ad esporre alcuni casi che riflettono domande di brevetto, reali, gestite dallo scrivente nella sua esperienza lavorativa, nei quali la schematizzazione a blocchi può rivelarsi e di fatto si è rivelata, come ho potuto effettivamente verificare, un utile e prezioso ausilio al fine di gestire con successo una domanda di brevetto di invenzione, così da arrivare at ottenere un brevetto avente la più ampia copertura possibile.
Primo caso
Il primo caso si riferisce ad un’invenzione costituita da un dispositivo o tenditore tessile (10) per controllare la tensione di un filo (Y) che alimenta, a una determinata velocità di avanzamento (V), una generica macchina tessile (M) disposta a valle dello stesso dispositivo, comprendente:
– un organo di piegatura (1) atto a tendere il filo (Y), mentre avanza, piegandolo (α) rispetto a un percorso di avanzamento rettilineo;
– un attuatore elettromagnetico (2), di caratteristiche note, atto ad essere alimentato con una corrente elettrica (I) per generare una forza (F) proporzionale alla corrente elettrica alimentata e per spingere con tale forza (F) l’organo di piegatura (1) contro il filo (Y) in modo da piegarlo rispetto al percorso di avanzamento rettilineo; e
– un’unità elettronica di controllo (3),
in cui l’unità elettronica di controllo (3) calcola in continuazione, tramite un’unità di calcolo (4) e utilizzando una formula che riflette la specifica configurazione geometrica del tenditore (10), la tensione effettiva istantanea (Teff) presente nel filo (Y) che avanza, combinando l’informazione di posizione (S) dell’organo di piegatura (1), quale rilevata da un sensore di posizione (5) e corrispondente all’entità della deflessione ( del filo (Y), e quella dell’entità (I) della corrente elettrica alimentata all’attuatore (2), a sua volta corrispondente alla forza (F) applicata sul filo (Y) per piegarlo rispetto al percorso di avanzamento rettilineo, e confronta (6) la tensione effettiva istantanea (Teff), così calcolata, con un valore prefissato della tensione (Tpref) del filo, inizialmente impostato, e
in cui l’unità elettronica di controllo (3), al fine di adeguare continuamente, nei tempi rapidi dell’elettronica, l’entità (α) della piegatura del filo (Y) e quindi mantenere la sua tensione (Teff), all’uscita del tenditore, conforme nel tempo al valore prefissato (Tpref), incrementa (7) la corrente elettrica (I) alimentata all’attuatore (2), e quindi anche la forza (F) applicata sul filo (Y), in modo da piegarlo e quindi tenderlo maggiormente (+), quando la sua tensione effettiva istantanea (Teff), quale calcolata, è inferiore a quella prefissata (Tpref), e viceversa diminuisce la corrente elettrica (I) alimentata all’attuatore, in modo da piegare e quindi tendere di meno (-) il filo, quando la tensione effettiva istantanea (Teff), calcolata, è superiore al valore prefissato (Tpref).
Ora questa invenzione, ovvero questo tenditore tessile in esame, può essere efficacemente rappresentato con il seguente semplice schema a blocchi, che, come si può vedere, operando come una specie di spietato “rasoio di Occam”, presenta solamente e né più né meno che gli elementi essenziali del tenditore, pertanto omettendo e trascurando quelli superflui e non essenziali che avrebbero solo generato confusione e inciso negativamente sulla comprensione del’invenzione e delle sue caratteristiche tecniche.

img-1 articolo schemi a blocchi

Ora, in relazione a questo primo caso, la tecnica nota o prior art (PA) più vicina è costituita da un analogo dispositivo o tenditore tessile anch’esso avente la funzione di controllare la tensione di un filo (Y) che avanza ed alimenta ad una velocità di avanzamento (V) una generica macchina tessile (M) disposta a valle dello stesso dispositivo, comprendente:

–    un organo di piegatura (1) atto a tendere il filo (Y) mentre avanza, piegandolo rispetto a una traiettoria rettilinea;

–    un usuale attuatore elettromagnetico (2), alimentato da una corrente elettrica (I), atto ad applicare una forza (F) sull’organo di piegatura (1) per spingerlo contro il filo (Y) e quindi

piegarlo rispetto alla traiettoria rettilinea;

–    un sensore di tensione o tensiometro (8), distinto dall’organo di piegatura (1), per rilevare la tensione istantanea effettiva (Teff) presente nel filo (Y) in una zona a valle dell’organo di piegatura (1); e

–    un’unità elettronica di controllo (3’),

in cui l’unità elettronica di controllo (3’) confronta (6) la tensione istantanea effettiva (Teff), quale rilevata dal sensore di tensione, e la confronta con un valore prefissato (Tpref), inizialmente impostato, della tensione del filo, e

in cui l’unità di controllo (3’) incrementa la corrente elettrica (I) alimentata all’attuatore (2), così da incrementare corrispondentemente la forza applicata sul filo (Y), in modo da piegare e quindi tendere maggiormente (α+) il filo (Y), quando la sua tensione effettiva (Teff), rilevata dal sensore (8), è inferiore a quella prefissata (Tpref), e viceversa diminuisce la corrente elettrica (I) alimentata all’attuatore (2), così da ridurre corrispondentemente la forza applicata sul filo (Y), in modo da piegare e quindi tendere di meno (α-) il filo (Y), quando la sua tensione effettiva istantanea rilevata è superiore al valore prefissato, così da adeguare in continuazione l’entità (α) della piegatura del filo in modo da mantenere la sua tensione, all’uscita del  costantemente conforme nel tempo al valore prefissato (Tpref).

Anche questa tecnica nota è rappresentabile, applicando lo stesso criterio di semplicità ed essenzialità già utilizzato per l’invenzione da brevettare, tramite il seguente schema a blocchi.

img-2 articolo schemi e blocchi

Ebbene il confronto fra i suddetti due schemi a blocchi mette chiaramente in evidenza, meglio di qualsiasi spiegazione verbale e nonostante la presenza di rilevanti parti in comune indicate con gli stessi numeri, le rilevanti differenze di configurazione e di funzionamento esistenti fra il dispositivo tessile (10) dell’invenzione in esame e la tecnica nota (PA), nonché i notevoli vantaggi dell’invenzione rispetto a tale tecnica nota, come sintetizzato nel seguito.

–           Il dispositivo (10) dell’invenzione realizza le due funzioni rispettivamente di misurare la tensione effettiva (Teff) presente nel filo (Y) e di tendere variabilmente il filo, piegandolo, in funzione della tensione effettiva misurata, al fine di controllare la tensione del filo e mantenerla nel tempo conforme al valore impostato, impegnando il filo in una sola ed unica zona.

–           Molto diversamente dal dispositivo tenditore dell’invenzione, la tecnica nota prevede due distinti e separati dispositivi (1, 8) che cooperano con due distinte porzioni del filo che avanza, rispettivamente per misurare la tensione effettiva del filo e per piegarlo variabilmente in funzione della tensione effettiva misurata.

–           Pertanto il dispositivo dell’invenzione implica un minore numero di parti e quindi un costo sensibilmente inferiore rispetto alla tecnica nota, dal momento che i mezzi per rilevare la tensione del filo e i mezzi per tenderlo e piegarlo variabilmente in funzione della tensione effettiva rilevata sono strettamente integrati e condividono rilevanti parti meccaniche, quali in particolare l’organo di piegatura (1), impegnato con il filo, che serve sia per rilevarne la tensione e sia per piegarlo rispetto al percorso rettilineo.

–           Ancora, nel dispositivo dell’invenzione, il fatto che i mezzi per rilevare e misurare la tensione effettiva presente nel filo e i mezzi per tenderlo variabilmente impegnino e agiscano sulla stessa porzione del filo che avanza conferisce una sorprendente maggiore efficacia e precisione, rispetto alla tecnica nota, come è risultato da prove sperimentali su prototipi dell’invenzione, al controllo della tensione di uscita del filo.

–           Infatti, nella tecnica nota, come appare chiaramente dalla rispettiva rappresentazione schematica a blocchi, i mezzi per rilevare e misurare la tensione effettiva presente nel filo e i mezzi per tenderlo variabilmente sono disposti lungo e cooperano con due differenti porzioni del filo che avanza, con il conseguente rischio di insorgenza di effetti indesiderati, quali oscillazioni di tensione, in particolare indotti dall’elasticità del filo, nella zona di queste due differenti porzioni, che potrebbero disturbare e alterare il corretto controllo della tensione del filo.

Secondo caso

Il secondo caso si riferisce ancora al settore tessile e specificatamente ad un metodo avente lo scopo di ridurre la pressione operativa (Po), e quindi ottenere un sensibile risparmio nei costi per la produzione di energia, di un impianto per la compressione (1) dell’aria (A) destinata ad alimentare, con un getto di aria compressa (2), un dispositivo (3) per l’interlacciatura ad aria di un filo (F) (si precisa che questi dispositivi di interlacciatura hanno la funzione di interlacciare una pluralità di filamenti artificiali continui, in modo da formare un filato, che presenta lungo la sua estensione zone più o meno gonfie, con un aspetto ed una mano simile a quello di un filato composto di fibre naturali, ad esempio di lana), in cui il metodo comprende una fase di fornire calore (C), ovvero energia termica, all’aria (A) alimentata direttamente al dispositivo di interlacciatura, ovvero in una zona remota dall’impianto di compressione (1) ed adiacente al dispositivo di interlacciatura (3), per cui la pressione (P1) dell’aria (A) che alimenta direttamente (2) il dispositivo di interlacciatura (3) è soggetta, nella zona dello stesso dispositivo, ad un incremento (P1-Po) rispetto alla pressione operativa (Po) dell’impianto di compressione (1).

Come si può vedere, la seguente rappresentazione a blocchi mette chiaramente in evidenza, in modo semplice ed efficace, le caratteristiche salienti di questa invenzione, così da supportarne la presenza di novità e livello inventivo in confronto con la tecnica nota.

img-3 articolo schemi e blocchi

Terzo caso

Il terzo caso si riferisce ad un apparecchiatura per la purificazione di un ambiente mediante successive fasi di ozonizzazione e deozonizzazione dell’aria ambientale, comprendente:

–        un corpo cavo (1) definente un condotto (2) atto a ricevere un flusso di aria (A) da purificare proveniente da un ambiente (R), e ad immettere nello stesso ambiente (R) l’aria, una volta purificata;

–        un dispositivo di ozonizzazione (3) dell’aria;

–        un dispositivo di deozonizzazione (4) dell’aria atto a trasformare l’ozono contenuto nell’aria in ossigeno, e

–        un’unità di comando e controllo (5);

in cui entrambi i dispositivi di ozonizzazione (3) e di deozonizzazione (4) sono disposti lungo il condotto (2),

in cui l’unità di comando e controllo (5), in una prima fase di purificazione (F1), comanda l’accensione del dispositivo di ionizzazione (3), con il dispositivo di deozonizzazione (4) spento, per ozonizzare il flusso l’aria (A) proveniente dall’ambiente ed immettere l’aria, una volta ionizzata, nello stesso ambiente, e

in cui l’unità di comando e controllo (5), in una successiva seconda fase di purificazione (F2), comanda lo spegnimento del dispositivo di ozonizzazione (3) e l’accensione del dispositivo di deozonizzazione (4), così da deozonizzare l’aria (A) ozonizzata proveniente dall’ambiente ed immetterla, deozonizzata, nello stesso ambiente.

Quest’invenzione in esame può essere efficacemente rappresentata con il seguente semplice schema a blocchi, che ne mostra le caratteristiche salienti.

img-4 articolo schemi e blocchi

In questo terzo caso, la tecnica nota più vicina è costituita da un analoga apparecchiatura per la purificazione dell’aria di un ambiente mediante ozonizzazione/deozonizzazione, comprendente:

–        un corpo cavo (1’) atto a ricevere un flusso di aria (A) da purificare proveniente da un ambiente (R), e ad immettere nello stesso ambiente l’aria purificata (A);

–        un dispositivo di ozonizzazione (3) dell’aria;

–        un dispositivo di deozonizzazione (4) dell’aria atto a trasformare l’ozono contenuto nell’aria in ossigeno, e

–        un’unità di comando e controllo (5’);

in cui l’unità di comando e controllo (5’), in una prima fase di purificazione (F1), comanda (f1) una paratia (6) per disporla in una prima posizione (P1) tale per cui il flusso d’aria (A) proveniente dall’ambiente (R) è convogliato attraverso il corpo cavo (1’) in modo da cooperare solo con il dispositivo di ozonizzazione (3) e non con il dispositivo di deozonizzazione (4), al fine di immettere l’aria, ionozizzata, nello stesso ambiente, e

in cui l’unità di comando e controllo (5), in una successiva seconda fase di purificazione (F2), commuta (f2) la paratia dalla prima (P1) ad una seconda posizione (P2) tale per cui il flusso d’aria (A) proveniente dall’ambiente è convogliato attraverso il corpo cavo (1’) in modo da cooperare anche con il dispositivo di deozonizzazione (4), al fine di immettere l’aria, deionozizzata, nello stesso ambiente.

Anche questa tecnica nota può essere efficacemente rappresentata nella forma del seguente schema a blocchi.

img-5 articolo schemi e blocchi

Ebbene, anche in questo caso, il confronto fra i due schemi a blocchi mette chiaramente in evidenza, più e meglio di qualsiasi spiegazione verbale, le differenze strutturali e di funzionamento fra il dispositivo dell’invenzione in esame e la tecnica nota, nonché i vantaggi dell’invenzione rispetto a quest’ultima.

Dal momento che nel dispositivo dell’invenzione l’aria è trattata allo stesso modo della tecnica nota, ovvero con mezzi di ozonizzazione e di ozonizzazione, separati, che agiscono selettivamente e alternativamente in due fasi distinte, il rischio era di fermarsi a questa somiglianza e corrispondenza, e quindi di trascurare eventuali differenze, meno evidenti, fra l’invenzione e la tecnica nota.

Invece il confronto fra i due schemi a blocchi mette chiaramente in risalto tutte le differenze fra l’invenzione e la tecnica nota, incluse le parti che sono presenti in una delle due rispettive soluzioni ma mancano nell’altra, così da evidenziare tutte le caratteristiche utili a supportare la novità e il livello inventivo dell’invenzione rispetto alla tecnica nota.

Quarto caso

Il quarto caso si riferisce ad una apparecchiatura di perforazione di un terreno, comprendente:

–        un’asta cava (1);

–        una testa di perforazione (2) associata con una estremità di perforazione dell’asta cava (1);

–        una pluralità di ugelli (4) disposti nella zona della testa di perforazione (2) ed atti a eiettare acqua in pressione (A), mentre la testa di perforazione (2) avanza e perfora il terreno (T); e

–        un corpo tubolare di protezione (3) montato attorno all’asta cava (1) per proteggerla mentre avanza e perfora il terreno (T);

–        in cui l’asta cava (1) e la testa di perforazione (2) sono montate girevoli rispetto al corpo tubolare di protezione (3), e

–        in cui la testa di perforazione (2) è prevista per essere comandata in rotazione (ω), tramite l’asta cava (1), da mezzi remoti di comando (MC) disposti in una zona remota distante dalla testa di perforazione (2).

Il seguente semplice schema a blocchi mostra le caratteristiche salienti dell’invenzione.

img-6 articolo schemi e blocchi

In questo quarto caso, la tecnica nota più vicina è costituita da una analoga apparecchiatura di perforazione, comprendente:

–        un’asta cava (1);

–        una testa di perforazione (2) associata con una estremità di perforazione dell’asta cava (1); e

–        un corpo tubolare di protezione (3) montato attorno alla testa di perforazione (2) per proteggerla, mentre avanza e perfora il terreno (T);

–        in cui l’asta cava (1) e la testa di perforazione (2) sono montate girevoli rispetto al corpo tubolare di protezione (3), e

–        in cui la testa di perforazione (2) è prevista per essere comandata in rotazione (ω) da getti di acqua compressa emessi da una pluralità di ugelli disposti nella zona della testa di perforazione ed orientati tangenzialmente rispetto all’asse di rotazione di detta testa di perforazione.

img-7 articolo schemi e blocchi

Ebbene, anche in questo caso, il confronto fra i due schemi a blocchi mette chiaramente in evidenza, più di qualsiasi spiegazione verbale, le differenze strutturali e di funzionamento fra l’apparecchiatura di perforazione dell’invenzione e quella della tecnica nota, evitando così il rischio di trascurare la fondamentale differenza, esistente fra le due apparecchiature, in relazione al modo di comandare la rotazione della testa di perforazione, differenza certamente atta a supportare il livello inventivo dell’invenzione rispetto alla tecnica nota.

Anche gli effetti e i vantaggi collegati alle differenze strutturali che distinguono l’apparecchiatura di perforazione dell’invenzione da quella nota, consistenti in un comando sicuro e controllato della rotazione della testa di perforazione inclusa nell’apparecchiatura di perforazione dell’invenzione, sono chiaramente e immediatamente apprezzabili semplicemente confrontando gli schemi a blocco di queste due apparecchiature di perforazione.

Quinto caso

Il quinto caso si riferisce ad una piastra di distribuzione (1) per distribuire un materiale plastico allo stato fuso (M) in uno stampo (S) per lo stampaggio ad iniezione di materiale plastico, comprendente:

–           un modulo principale (2) provvisto al suo interno di un canale principale (2’) per il flusso del materiale plastico fuso (M);

–           una pluralità di moduli di iniezione (4), ciascuno atto a iniettare il materiale plastico fuso all’interno dello stampo (S) nella zona di un rispettivo punto di iniezione; e

–           una pluralità di moduli intermedi (3), di forma allungata, disposti fra il modulo principale (2) e i moduli di iniezione (4), ciascuno dei quali è provvisto internamente di un canale intermedio (3’), per il flusso del materiale plastico fuso (M), al fine di mettere in comunicazione il canale principale (2’) del modulo principale (2) con un corrispondente modulo di iniezione (4);

in cui ciascun modulo intermedio (3) è atto ad accoppiarsi rotazionalmente, alle due estremità opposte, con il modulo principale (2) e con il corrispondente modulo di iniezione (4), rispettivamente attorno ad un primo (X1) e ad un secondo asse (X2), paralleli, perpendicolari ad un lato (S’), dello stampo (S), che presenta una determinata configurazione dei rispettivi punti di iniezione (P1, P2, P3),

per cui, durante la fase di montaggio della piastra di distribuzione (1) sullo stampo (S), i moduli intermedi (3) e di iniezione (4) possono essere angolarmente adattati (f1) alla determinata configurazione dei punti di iniezione (P1, P2, P3) presenti sul lato (S’) dello stampo (S) sul quale la piastra di distribuzione (1) è montata.

Questa invenzione può essere pertanto rappresentata, nei suoi elementi essenziali, nel modo seguente.

In questo quinto caso la tecnica nota più vicina è costituita da una analoga piastra di distribuzione per lo stampaggio ad iniezione di materiale plastico, comprendente

–           un modulo principale (2) provvisto al suo interno di un canale principale (2’) per il flusso del materiale plastico fuso (M);

–           almeno un modulo di iniezione (4) atto ad iniettare il materiale plastico fuso all’interno di una cavità dello stampo (S) attraverso una rispettiva zona di iniezione (P1); e

–           un modulo intermedio (3) disposto fra il modulo principale (2) e il modulo di iniezione (4) e provvisto internamente di un canale intermedio (3’), per il flusso del materiale plastico fuso (M), atto a mettere in comunicazione il canale principale (2’) del modulo principale con il modulo di iniezione (4);

in cui il modulo intermedio (3) è accoppiato rotazionalmente da una parte con il modulo principale (2) e da un’altra parte con il modulo di iniezione (4), rispettivamente attorno ad un primo (Y1) e ad un secondo asse (Y2), fra loro perpendicolari,

per cui è possibile adattare (f1) l’orientamento angolare del modulo di iniezione (4) alla configurazione e alla zona di iniezione (P1) del lato (S’), dello stampo (S), sul quale il modulo principale (2) è montato.

Anche questa tecnica nota può essere efficacemente rappresentata nella seguente forma schematica.

img-9 articolo schemi e blocchi

Ebbene, anche in quest’ultimo caso, le rappresentazioni schematiche, sopra mostrate, si rivelano essere un utile e prezioso strumento per mettere in evidenza in modo chiaro le rilevanti differenze di configurazione e conseguentemente di montaggio fra la piastra di distribuzione dell’invenzione e quella nota, in particolare in relazione all’orientamento degli accoppiamenti rotazionali fra le rispettive parti, ovvero il modulo principale, il modulo intermedio, e il modulo di iniezione, sia i vantaggi, associati con queste differenze, legati ad una migliorata modularità ed ad un più facile montaggio e smontaggio all’occorrenza della piastra di distribuzione dell’invenzione, e quindi per supportare efficacemente il livello inventivo della stessa piastra di distribuzione dell’invenzione rispetto alla tecnica nota.

Conclusioni

A questo punto, in conclusione, che cosa si può dedurre e che cosa può concretamente suggerire e insegnare quanto sopra ho cercato di illustrare, che possa in qualche modo essere utile e di ausilio nella nostra attività professionale, andando oltre quella che potrebbe sembrare un’opinione ed un’esperienza personale ?

Ritengo, con buone ragioni, che le considerazioni e gli esempi pratici prima presentati, pur essendo derivati e presentando il limite di un’esperienza personale, possano, se non altro, indurre a considerare e valutare con attenzione la vantaggiosa possibilità, naturalmente senza escluderne altre, come metodo di lavoro da adottare durante la procedura di brevettazione e in particolare durante la fase di esame di una domanda di brevetto, di rappresentare e confrontare l’invenzione che si intende brevettare e la rispettiva tecnica nota rilevante in forma di schemi a blocchi.

Infatti, in questo modo, come ho cercato di mostrare con il supporto di esempi reali, grazie alla chiarezza e sinteticità tipiche degli schemi a blocchi che sintetizzano e mettono a fuoco i concetti tecnici essenziali e rilevanti, si raggiunge il risultato di mettere in evidenza e pertanto di far emergere chiaramente le differenze fra l’invenzione che si vuole brevettare e la tecnica nota, così da difendere efficacemente avanti all’Esaminatore l’invenzione da brevettare dimostrandone la novità e l’altezza inventiva al confronto con la tecnica nota rilevante, superando sovente dei momenti di stallo che a volte si verificano durante l’esame di una domanda di brevetto, e quindi arrivare velocemente alla concessione di un buon brevetto con un ampio scopo.

In particolare questi schemi a blocchi possono essere già disponibili, cioè essere già contenuti nei disegni delle due disclosure da confrontare, ovvero l’invenzione in esame e la relativa tecnica nota, oppure, qualora non disponibili, possono essere preparati all’occorrenza “ex novo” durante la procedura di esame.

 

   Mario Gallo

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